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  • gallery_7_2_69508Non capita spesso di trovarsi di fronte a dischi tanto belli, così coinvolgenti da catturarti dal primo ascolto: “Unity” degli americani Carousel Kings è uno di questi dischi, un concentrato di energia e passione messi al servizio di quel pop-punk di ultima generazione contaminato da sonorità “core” che ha fatto la fortuna di band come i mai citati a sufficienza A Day To Remember. I 5 ragazzi della Pennsylvania danno alle stampe questo secondo full length per CI Records riconfermando le ottime qualità messe in mostra già ai tempi dell’ep d’esordio, quel corposo “Speak Frantic” che si era confermato come una delle migliori uscite dell’underground easycore americano grazie ad un song writing ispirato e dannatamente divertente.

    Peculiarità che qui riemergono con decisione, unite ad una composizione più matura e sempre efficacissima: le 12 tracce del platter sono una combinazione ottimale di melodia e aggressività, tra rallentamenti in chiave metalcore, chitarre veloci e vocals grintose. La formula non annoia nemmeno per un secondo e brani come la opening track “Headphones”, “Stuck” e “Change” si piantano in testa irrimediabilmente: qua uno dei maggiori pregi di questi Carousel Kings, ossia la capacità di costruire brani variegati e catchy all’inverosimile, che si tratti di quelli più pop-punk o di quelli di matrice più “hc oriented” (vedi “Zombie”). E’ impossibile non scatenarsi su pezzi come “Cancer” o “Light”, che lasciano l’ascoltatore con la voglia di saltare sui breakdown oppure di darsi al sing along più sfrenato: ad un gruppo del genere non si potrebbe in fondo chiedere di più, e i Carousel Kings svolgono il lavoro in maniera egregia e precisa, lasciandoci alla fine con il sorriso sulle labbra e la voglia di urlare in un microfono le linee di “Stuck”, con quel suo testo in perfetto stile pop-punk che potrebbe tranquillamente assurgere a manifesto della friend-zone (“I’m stuck here with you, but you’re not here anymore”).

    Una piccola perla di una band fin troppo poco conosciuta, consigliatissimo a chiunque già ami queste sonorità e sia in cerca di qualcosa di fresco e divertente.

    Voto: 8,5/10

    Antonio Margiotta

    www.facebook.com/carouselkings

    carousel kings pop-punk unity
  • tumblr_inline_n5iwiiBFoK1qzxlbnForse ve lo ricorderete per quel famoso “All I Ask, All I Ask” in “Jamie All Over”, o per le sue avventure più recenti come frontman dei Go Radio: Jason Lancaster, a nemmeno un anno dallo scioglimento della band appena citata, giunge al proprio debutto da solista con le 11 tracce inedite di questo “As You Are”.

    Un disco pieno di sentimenti ed emotività, elementi caratteristici e davvero unici dell’artista statunitense, che emergono sia nei pezzi più carichi e “d’insieme”, che in quelli più riflessivi e “da solista”. Le tracce che mi colpiscono maggiormente, oltre alla bellissima “Change” che resta purtroppo solamente un intro, sono quelli che ricordano in modo evidente i Go Radio: “Growing Up”, “Save Me” e “Come Back” (a cui va aggiunta “Climb Up To My Window”) confezionano un ottimo inizio, fatto di ritornelli esplosivi, assoli molto “rock” (questa è una sorpresa) e dalla voce troppo unica per non emergere. Di pezzi ben riusciti ce ne sono quindi, anche se altri, vedi “Adam” e “Just In Time”, risultano piuttosto superflui. “You ‘N Me” è il vero brano da solista dell’intero album, in cui Jason da sfogo a tutta la sua bravura e confeziona un pezzo davvero ottimo e molto, molto personale.
    PS: in coda troviamo una cover di “Hey Jude”, mantenuta pressochè identica all’originale.

    “As You Are” è un buon disco in definitiva, anche se sembra essere in molti frangenti il diretto erede di “Close The Distance” targato Go Radio: bisogna ora capire se gli ultimi Go Radio erano già troppo “Jason Lancaster” o Jason Lancaster è ancora troppo “Go Radio”. Il prossimo lavoro ci saprà dire sicuramente qualcosa di più preciso.

    Voto: 7/10

    Thomas Poletti

    www.facebook.com/GoJasonAlan

    As You Are Jason Lancaster
  • downloadLa prima volta che ho ascoltato “I Am Alive In Everything I Touch” ho avuto pensieri contrastanti su ciò che il disco mi trasmetteva. La prima impressione è stata “ ma ancora un disco così?”, la seconda è stata “ok, adesso vedrai che sbloccano il freno e si accelera”, la terza…no, non c’è stata alcuna terza considerazione perché il disco era finito.

    “I Am Alive In Everything I Touch” suona come un disco “piatto” e senza particolari spunti. Dal punto di vista tecnico / sonoro è super-catchy, dal punto di vista compositivo, un po’ meno, decisamente meno. Cosa mi piace di questo disco?; innanzi tutto, come anticipato, la qualità di registrazione che costantemente si ripete nei lavori dei 5 canadesi, il suono è perfetto per ciò che la band propone, su questo nulla da dire. Potrei aggrapparmi alla grandissima tecnica strumentale e vocale espresse nelle tracce ma sarebbe una ripetizione di ogni lavoro dei Silverstein; bravi, bravissimi sia in studio che live ( ho detto qualcosa di nuovo? Non credo…è risaputo ). Cosa non mi piace di questo disco? La parte fondamentale di ogni nuovo lavoro: non è presente alcuna “novità” e non intendo degli stravolgimenti nel genere o nelle sonorità, non intendo un ribaltamento di genere, in “I Am Alive In Everything I Touch” non è presente alcuna forma di espressione evoluta della band. Se si fosse chiamato “This Is How The Wind Shifts – Extended Version – pt.2” nessuno se ne sarebbe accorto. Molti potranno apprezzarne la “continuità” con il precedente lavoro ma rimango fedele alle sensazione dei primi ascolti; il disco non mi colpisce, ( controcorrente rispetto alle centinaia di recensioni che ho letto ) e non lascia alcuna sensazione positiva nella sua interezza.

    Voto: 5/10

    R.M.

  • 43273_Boy-Sets-Fire-Funeral-For-A-Friend-splitBoysetsfire e Funeral for a Friend, un binomio di aggressività sonora e melodia che si incontrano / scontrano in uno split a 2 tracce ( solo??? ).

    La cosa che mi colpisce subito, già dal primo ascolto, è il livello di registrazione decisamente impressionante e qualitativamente superiore rispetto ai brani originali. Questo da una spinta maggiore a ciò che l’ascoltatore va incontro. Iniziano i Boysetsfire con “10:45 Amsterdam Conversations”, brano un pò di “secondo piano” nella discografia dei Funeral for a Friend. I gallesi invece re-interpretano uno dei maggiori singoli prodotti dalla band statunitense, prendendosi sul groppone la stupenda “Rookie”. Il fatto che le due band non diano molto alle rispettive canzoni ma, eseguano perfettamente delle cover mi lascia un pò l’amaro in bocca. Avrei preferito un vero e proprio sgretolamento dei brani ed un serio rifacimento, con tanto di marchio di fabbrica impresso dai singoli artisti anche a rischio di sconvolgere le tracce. Forse la vicinanza dei generi e degli stili musicali non ha permesso di discorstarsi molto dal suono originale delle tracce o, voglio credere nella prossima frase che scriverò, il rispetto reciproco ha portato ad dover “annullare” le proprie idee per un fine sonoro comune.

    6/10

    R.M.

  • May PreviewGli Hardship sono una giovanissima band di Bergamo, giovane sia nell’età dei componenti che nel periodo di effettiva attività: nati nei primi mesi del 2014, pubblicano il proprio primo pezzo “Unheard” nel febbraio 2015, per arrivare ora a rilasciare “May”, primo vero banco prova per i quattro ragazzi.

    I pezzi che vanno a comporre il lavoro sono quattro, tutti molto omogenei e simili tra loro, il che sta ad indicare una precisa strada intrapresa dalla band. “May” non è un ep apprezzabile nella breve distanza, soprattutto per uno come il sottoscritto che non ha mai ascoltato quell’hardcore/post-punk (Title Fight, Balance And Composure, Touchè Amorè tra le fonti di ispirazione) fatto di atmosfere riflessive ed esplosioni di ira sparse in varie parti dei brani. Riesco a cogliere però il fatto che il genere in questione, molto in voga ultimamente, riesce ad avere un proprio perchè, attraendo molti ascoltatori nelle proprie cupe melodie.

    Nella sua breve durata, “May” riesce a dare qualche spunto interessante, sicuramente migliorabile ma sulla buona strada, sia per convinzione che per intenti…aspettando qualcosa di più corposo come vero e proprio punto di giudizio.

    Voto: 6,5/10

    Thomas Poletti

    www.facebook.com/hardshipband

    hardshipband.bandcamp.com

    hardship may
  • wakethegiants2Torniamo a parlarvi di pop punk e band emergenti, questa volta direttamente dall’ Australia con i Wake the Giants di Sydney. Il quartetto ha recentemente rilasciato l’Ep “The town” ed è attualmente in tour di supporto agli americani Cartel, impegnati come headliner per una serie di date nel continente australiano.

    Cinque tracce per questo bell’esordio, che si piazza chiaramente tra il suono di band easycore come quello dei conterranei Heroes For Hire e Skyway: il tutto inizia con “Elodee”, traccia dal gusto tipicamente pop punk con un ritornello vincente e break in salsa “core” decisamente azzeccati; gli stessi tratti che si ritrovano in “Perish Town”, brano decisamente più heavy dell’ album, con tanto di cantato in growl che non può mancare di riportarci alla mente i sempre immancabili A Day To Remember. Si torna ad atmosfere più melodiche con “Hill RD”, pezzo con un bel crescendo finale e che di certo non mancherà di far scatenare i fans dal vivo. A conclusione del lavoro troviamo “Last Blues”, pezzo con chitarre acustiche (qualcuno ha per caso detto “If It MeansAa Lot To You?”) forse un po’ scontato e sinceramente non molto ispirato

    In definitiva questo “The town” è un lavoro onesto, con pezzi ben costruiti e indubbiamente divertenti che non mancheranno di soddisfare i fans del genere, seppure, come spesso accade per esordi di band appartenenti a questa scena musicale, l’originalità non sia molta: non necessariamente un punto debole per chi scrive, tuttavia non dispiacerebbe vedere giovani band allontanarsi dagli standard prefissati di tanto in tanto. Dovendo scegliere la traccia migliore mi sento di indicare “Streetlights”, secondo pezzo del lavoro, veramente gradevole e perfetto per un live show.

    Voto: 7/10

    Antonio Margiotta

    www.facebook.com/wakethegiants

    Australia pop-punk Sydney the town wake the giants
  • Sbrina1Torniamo in Italia per parlare ancora una volta di band emergenti e questa volta lo facciamo trasferendoci nel cremasco per fare la conoscenza dei giovani Sbrinafrigo, che si presentano con un Ep di quattro tracce, “Freddure”: vale la pena specificare subito che non si tratta di un lavoro da sottovalutare e tanto meno di un genere “leggero”, dal momento che i nostri sanno sorprendere e lo fanno in maniera intelligente, con testi intrisi di ironia e satira pungente, capaci di far riflettere (cosa questa non da poco oggi nel panorama alternative nostrano).

    Basti ascoltare a questo scopo la traccia d’apertura “Il paese dei balocchi”, lapalissiana metafora della nostra amata nazione che si apre con un intro di piano e un atmosfera quasi romantica e introspettiva, ma che lascia presto spazio ad aggressive sonorità alt-rock tinte di nu-metal, evidenti anche nella successiva “Arabia Inaudita”, dove un potente lavoro a livello tecnico sorregge un testo indubbiamente profondo (si parla di petrolio e dei conflitti che a questa risorsa energetica sono legati). Lo spirito aggressivo non manca nemmeno nelle due restanti canzoni contenute nel lavoro, “Incubo” e “Pappagalli verdi”, quest’ ultima un’ accessa e toccante denuncia antimilitarista che non a caso cita il celebre romanzo di Gino Strada.

    Insomma, gli Sbrinafrigo sanno il fatto loro e lo dimostrano chiaramente in sede di song writing: pezzi ben costruiti, riffing deciso, comparto ritmico notevole ma soprattutto testi non banali e parecchio originali. Lontani dagli stereotipi di tante band italiane dell’attuale panorama musicale, il gruppo di Crema dimostra capacità non da poco e voglia di divertirsi, senza rinunciare a far riflettere i propri ascoltatori. Ampiamente promossi.

    Voto: 7,5/10

    Antonio Margiotta

    www.facebook.com/Sbrinafrigo

  • My_Shame_Is_TrueI ragazzi di Chicago ritornano con un nuovo lavoro in studio dopo il precedente “This Addiction” e la parentesi acustica di “Damnesia” con questo lavoro dal titolo “My Shame Is True”.

    Il disco che abbiamo tra le mani ci fa capire già dalle prime battute che gli Alkaline Trio continuano ad avere energia da vendere, i pezzi scorrono che è una meraviglia, l’alternarsi della voce di Skiba a quella di Andriano è una piacevole costante dei loro lavori, ogni pezzo riesce a catturare l’attenzione per intensità e profondità  in un mix inconfondibile che li ha resi celebri ai propri fans, i più pignoli potrebbero aver di che lamentarsi avendo la sensazione di ascoltare qualcosa di già sentito, la vera forza di questo gruppo, a mio modo di vedere le cose, è invece proprio l’identità musicale di alto livello che negli anni sono riusciti a sviluppare, ascoltando i pezzi è chiaro come la band di Skiba e compagni abbia deciso di non snaturarsi e di procedere su una strada intrapresa anni or sono, senza perdersi in inutili fronzoli o eccessiva ostentazione di una maturità artistica ormai raggiunta a pieno titolo. Da segnalare la partecipazione vocale del frontman dei Rise Against nel pezzo “I Pessimist”.

    Nel complesso questo “My Shame Is True” supera a pieni voti la prova d’ascolto, lunga vita agli Alkaline Trio!

    Valutazione: 7/10

    Francesco Speranza

    Per maggiori informazioni sul mondo “Alkalie Trio” consulta “ISTRUZIONI PER L’USO – ALKALINE TRIO“

    Alkaline Trio “My shame is True” Chicago Dan Andriano Epitaph Records Matt Skiba Rise Against This Addiction (song)
  • 30sloveJared e compagni tornano con un nuovo disco, dopo un’attesa che per i fan è durata quasi tre anni e mezzo. Risulta piuttosto scontato dire che ogni qualvolta la band dei fratelli Leto fa qualcosa, a maggior ragione, un disco, il numero di coloro che scalpitano è sempre notevole.

    “Love Lust Faith + Dreams” risulta piuttosto differente rispetto ai precedenti lavori, in quanto i tre di Los Angeles sperimentano, in maniera molto più ampia rispetto a “This Is War”, sonorità che convergono prepotentemente verso l’elettronico.
    L’intero disco ruota attorno al proprio titolo: si tratta infatti di un concept che tratta quattro concetti (appunto “Love”, “Lust”, “Faith”, “Dreams”), suddividendo i 12 brani in sezioni, ognuna presentata da una voce femminile che ne anticipa l’argomento.

    Nonostante alcuni cambiamenti quindi, i 30 Seconds To Mars proseguono sullo stesso cammino dei precedenti dischi? No, e tale inversione di tendenza non soddisfa per nulla. L’intero nuovo lavoro non sembra mai raggiungere un “top”, un vertice in cui vi è una vera e propria esplosione. I suoni scelti risultano essere poco (o nulla!) naturali e in ogni canzone praticamente sono i suoni d’ambiente a prevalere. Non saprei davvero quale canzone poter consigliare per approcciarsi al disco, forse il primo singolo estratto “Up In The Air” (guardate il video perchè è uno dei più strani/innovativi/curiosi che io abbia mai visto!), forse “Do Or Die”, o forse “Conquistador”.

    Questa volta, a mio avviso, Jared e compagni sono andati nella direzione sbagliata…però è solo una mia opinione, probabilmente il pubblico darà ragione ancora a loro.

    Voto: 4.5/10

     Poletti Thomas

     

    thirtysecondstomars.thisisthehive.net

    30 seconds to mars dreams emo faith jared leto love lust pop
  • dead-languagePrologo:
    I Flatliners sono attivi ormai da qualche anno ( 2002 ) ma, il vero salto di qualità e di “popolarità” è avvenuto dopo la pubblicazione di “Cavalcade” nel 2010. Che cosa ricordiamo di questo disco? Innanzitutto l’esuberanza di un genere ska-punk giovanile con chitarre aggressive e testi molto introspettivi ( lontani dalla classica accoppiata “alcool e rabbia”  ). Crediamo fossero queste le caratteristiche che contraddistinguevano la band canadese.

    Dead Language:
    Ora, ci troviamo ad ascoltare un album abbastanza diverso dal precedente: lo si capisce subito dalla diversità di “velocità” dei brani proposti. Ciò che prima era serrato ora è ben definito, permettendo così un ascolto di gran lunga piacevole.
    Le canzoni scorrono senza sosta tra melodie vocali e strumentali che richiamano gruppi come Strike Anywhere e No use For a Name ( e questo è BENE! ).

    Cosa piace di questo album?
    È genuino, è fresco e interessante pur riproponendo un genere ben definito e conosciuto dal pubblico. La voce rauca e pressante non abbandona mai la strada del rock n roll sporco e intasato e la parte strumentale, se pur allargandosi un po’ troppo in melodie “ commerciali “, riescono a conferire potenza e melodia.
    Tra tutte segnaliamo “Resuscitation of the Year”, “Quitters” (batteria fantastica!!!), “Caskets Full” e “Sew My Mouth Shut”.

    7,5 / 10

    R.M.

    Flatliners Language death Punk rock
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Recensioni – Red City Radio – Titles

  • 21/10/2013
  • di thomaspoletti
  • · REVIEWS

RC1Nome poco blasonato quello dei Red City Radio, punk-rock band proveniente dall’Oklahoma (non proprio la terra delle grandi occasioni diciamo!) e attiva da ormai sei anni; in realtà catalogarli come punk-rock potrebbe essere riduttivo, in quanto si, la base è quella, ma presenta in certi frangenti un certo distacco dai canoni del genere, vedi la velocità dei pezzi.

“Titles” parte con il botto: “Two Notes Shy Of An Octave” e “A Version Of Events” confezionano un inizio davvero carico e pieno di grinta, che lascia poi spazio a due pezzi dai toni più tranquilli ma comunque efficaci. “A Joke With No Words” è uno dei brani migliori, suona molto catchy e non stenta a restare nella mente dell’ascoltatore, così come “Don’t Be A Hero, Find A Friend”, “Purple Heart Paperweight” e “I’ll Take A Mile”. Punti forti dell’intero lavoro sono sicuramente la solidità del suono e la caratteristica voce principale, grezza e sporca, ma che lascia spazio in più occasioni ad aperture melodiche, supportata da cori davvero ben riusciti.

Un netto miglioramento a mio avviso rispetto a “The Danger Of Standing Still”, sia in fase creativa che in quella di arrangiamento strumentale; se band come Living With Lions, The Menzingers e The Flatliners han catturato la vostra attenzione, con i Red City Radio troverete pane per i vostri denti.

Voto: 7,5/10

Poletti Thomas

www.redcityradio.net


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